“Ho un figlio che può usare solo il suo pollice e la sua mano destra per muovere il joystick e il computer. Nonostante ciò, lui fa le cose più belle del mondo, hai i pensieri più belli del mondo e abbiamo persone meravigliose che ci circondano ed io ho imparato che le cose sono possibili se guardi la vita in modo leggermente diverso”

La testimonianza di Elizabeth Vroom

Elizabeth Vroom è la mamma di Justus, un ragazzo di 30 anni che convive con la distrofia muscolare di Duchenne, patologia neuromuscolare, ma è anche una figura molto importante della Comunità Duchenne internazionale in quanto Presidente della World Duchenne Organization, realtà no profit globale che riunisce tutte le associazioni di famiglie che si occupano di questa patologia in più di 50 paesi del mondo.

“Abbiamo festeggiato da poco il trentesimo compleanno di Justus. Per via del Covid non abbiamo potuto organizzare la festa che avremmo desiderato, ma per 30 giorni lo ha festeggiato con gli amici a distanza svolgendo attività diverse tra loro. Ad esempio, con una sua amica italiana hanno “passeggiato” per le vie di Roma e Assisi grazie allo smartphone”, afferma Elizabeth.

Un traguardo, quello dei trent’anni, che la famiglia di Justus non avrebbe mai immaginato quando ha ricevuto la diagnosi nel 1992 perché in quel momento le aspettative di vita non superavano i 20 anni.

“Fin dall’inizio non abbiamo accettato lo scenario negativo che ci stavano prospettando e abbiamo pensato che avremmo avuto ancora degli anni davanti e che avremmo potuto fare il meglio che potevamo in 20 anni. Justus aveva una sorella gemella morta dopo cinque giorni: in cinque giorni non c’è nulla che tu possa fare per tua figlia, ma in 20 anni sì e questo ha avuto un impatto sul risultato finale. Justus si è laureato, lavora e tutto questo non sarebbe mai successo se avessimo avuto un approccio negativo”.

Elizabeth ha costruito giorno per giorno un percorso in cui suo figlio potesse avere garantita la massima indipendenza e una vita piena. Ha sempre camminato al suo fianco supportandolo e senza mai limitare le sue passioni e i suoi sogni.

“Noi conosciamo famiglie nelle quali i figli in punto di morte hanno detto ai genitori che rimanevano con il rimpianto di sapere che da parte loro non avevano avuto le stesse aspettative che avevano dagli altri figli. Tutti dobbiamo imparare da questo e da quanto sia importante sapere che i genitori vedono un futuro per i propri figli”, continua Elizabeth.

Trent’anni intensi in cui madre e figlio sono cresciuti insieme, in cui lo scambio di emozioni ed esperienze è stato reciproco.

“In questi trenta anni ho imparato quanto sia bella la vita. Quando ero giovane  pensavo che se avessi perso una gamba non avrei voluto più vivere e che sarebbe stata la fine del mondo. Ho un figlio che può usare solo il suo pollice e la sua mano destra per muovere il joystick e il computer. Nonostante ciò, lui fa le cose più belle del mondo, hai i pensieri più belli del mondo e abbiamo persone meravigliose che ci circondano ed io ho imparato che le cose sono possibili se guardi la vita in modo leggermente diverso. Avere un figlio con la distrofia muscolare di Duchenne ha arricchito la mia vita enormemente”, conclude Elizabeth.

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